Ex Ilva di Taranto: un nodo cruciale tra ambiente, salute e lavoro

La nascita dell’Ilva di Taranto: un gigante siderurgico tra luci e ombre

La storia dell’Ilva di Taranto ha inizio nel 1959, quando il Governo italiano decise di costruire un grande stabilimento siderurgico nella città pugliese. La scelta di Taranto non fu casuale: la sua posizione sul mare, l’accesso alle rotte marittime e la disponibilità di manodopera la rendevano un sito ideale.

I lavori di costruzione hanno inizio nel 1960 e procedono a ritmo spedito.

Nel 1961 viene inaugurato il tubificio, mentre nel 1964 entra in funzione il primo altoforno. L’10 aprile 1965 è la volta dell’inaugurazione ufficiale dello stabilimento, alla presenza dell’allora Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat.

Lo stabilimento, grazie alla sua tecnologia avanzata e alla sua posizione strategica, diventa rapidamente uno dei più grandi e competitivi d’Europa. La produzione di acciaio aumenta costantemente, raggiungendo il suo picco negli anni ’70, con oltre 6 milioni di tonnellate annue.

L’Ilva di Taranto diventa un punto di riferimento fondamentale per l’economia italiana, contribuendo in modo significativo al Pil nazionale e creando migliaia di posti di lavoro. L’acciaieria rappresentava un simbolo del progresso industriale e del “boom economico” del Paese.

Gli anni ’90 e 2000: crisi e ristrutturazioni

Il grande progetto continua ad andare a gonfie vele per tutti gli anni 70 e 80, fatturando miliardi di lire e dando lavoro a centinaia di operai nel Sud.

Tuttavia, a partire dagli anni ’90, l’Ilva inizia ad affrontare una serie di difficoltà economiche. La concorrenza internazionale si intensifica, i prezzi dell’acciaio scendono e l’azienda accumula ingenti debiti. La crisi è aggravata da una serie di incidenti ambientali e da inchieste giudiziarie che mettono in luce le gravi violazioni delle normative ambientali commesse dall’azienda.

Nel corso degli anni ’90 e 2000, l’Ilva è oggetto di numerosi interventi di ristrutturazione e ricapitalizzazione, ma la situazione non migliora significativamente. L’azienda continua a operare in perdita e ad accumulare debiti, mentre le emissioni inquinanti e l’impatto sull’ambiente e sulla salute pubblica rimangono una questione centrale.

L’ombra dell’inquinamento:

L’attività siderurgica, per sua natura, produce emissioni inquinanti. Nel caso di Taranto, tali emissioni si sono rivelate particolarmente pesanti, con un impatto devastante sull’ambiente e sulla salute pubblica. Studi epidemiologici hanno evidenziato una correlazione tra l’inquinamento atmosferico prodotto dall’Ilva e l’aumento di incidenze di malattie respiratorie, tumori e altre patologie nell’area Tarantina.

La crisi ha portato a un drastico calo della produzione dello stabilimento, con la chiusura di alcuni reparti e la riduzione del numero di addetti. Migliaia di lavoratori si sono ritrovati senza lavoro, con gravi ripercussioni sul tessuto socio-economico locale. Le piccole e medie imprese legate all’indotto siderurgico hanno subito forti perdite, con la chiusura di molte attività.

L’incertezza sul futuro dell’Ilva ha inoltre scoraggiato nuovi investimenti nella zona, ostacolando la ripresa economica di quel Sud sempre in difetto, che però sembrava essere in forte crescita. La città di Taranto si è trovata ad affrontare una situazione di profonda crisi, con un aumento della disoccupazione, della povertà e della marginalità sociale.

Arriviamo nel 2018, anno in cui l’Ilva è stata posta sotto sequestro preventivo, con l’obiettivo di scongiurare il rischio di chiusura e tutelare i posti di lavoro. Successivamente, è nata Acciaierie d’Italia, frutto di un accordo tra ArcelorMittal e Invitalia, con l’ambizione di risanare l’azienda e rilanciare la produzione siderurgica a Taranto.

Il recentissimo pronunciamento della Corte di Giustizia Europea sull’ex Ilva:

La Corte di Giustizia Europea ha stabilito che l’autorizzazione integrata ambientale (AIA) rilasciata ad Acciaierie d’Italia, è illegittima.

La motivazione principale della Corte si basa sul fatto che l’AIA non garantiva un livello adeguato di protezione dell’ambiente e della salute umana.

In particolare, la Corte ha evidenziato che l’autorizzazione non teneva conto di tutte le emissioni nocive prodotte dall’acciaieria, comprese quelle provenienti dai terreni contaminati. Inoltre, la Corte ha ritenuto che l’AIA non fissasse limiti sufficientemente rigorosi per le emissioni e non prevedesse misure adeguate per il monitoraggio e il controllo dell’inquinamento.

La sentenza della Corte di Giustizia Europea ha avuto diverse conseguenze. Innanzitutto, ha comportato l’annullamento dell’AIA rilasciata ad Acciaierie d’Italia. Questo significa che la società, per poter continuare a produrre, avrebbe dovuto richiedere una nuova autorizzazione, conforme ai principi stabiliti dalla Corte.

Tuttavia, la Corte ha anche precisato che l’annullamento dell’AIA non comporta automaticamente la sospensione dell’attività produttiva. Il giudice italiano competente, infatti, ha il potere di disporre la sospensione dell’attività solo se accerta che sussistono “pericoli gravi e imminenti” per l’ambiente e la salute pubblica.

Il 2 agosto 2024, il Tribunale di Taranto ha disposto la sospensione parziale dell’attività di Acciaierie d’Italia, limitatamente ad alcuni reparti produttivi ritenuti i più inquinanti. La decisione del Tribunale è stata impugnata dalla società, che ha fatto ricorso alla Corte di Appello di Lecce.

La sentenza della Corte di Giustizia Europea rappresenta un punto di svolta importante nella vicenda dell’ex Ilva di Taranto. Essa stabilisce un principio fondamentale: la tutela dell’ambiente e della salute pubblica deve prevalere su qualsiasi interesse economico. La decisione della Corte apre la strada a possibili scenari futuri, tra cui la riconversione produttiva dell’acciaieria verso attività più sostenibili o, in ipotesi estrema, la sua chiusura definitiva.

Il futuro di Taranto e dell’ex Ilva dipenderà dalle scelte che verranno fatte nei prossimi mesi. Scelte che dovranno tenere conto di tutte le istanze in gioco, con l’obiettivo di trovare un equilibrio tra le esigenze di sviluppo economico, tutela ambientale e salvaguardia della salute.

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