Divorzio all’italiana: il delitto d’onore al cinema

Divorzio all’italiana“, capolavoro grottesco di Pietro Germi datato 1961, è un film che ha conquistato il pubblico e la critica con la sua satira pungente. La pellicola, con l’intramontabile Marcello Mastroianni e l’iconica Stefania Sandrelli, rappresenta anche un quadro sociale e politico dell’Italia di quel tempo, segnata da una mentalità antica e da una legislazione che, in alcuni casi, l’assorbiva.

Il protagonista Ferdinando, detto “Fefè”, Cefalù, un barone siciliano ossessionato dall’onor proprio e dal desiderio di avere un figlio maschio. Fefè è sposato con Rosalia, ma è innamorato di sua cugina Angela (Stefania Sandrelli), che però è significativamente più piccola di lui. Cerca di far cadere la moglie in tentazione e succede quando rincontra una sua vecchia fiamma, ovvero il giovane Angelo. Ed ecco che coglie l’occasione per liberarsi di lei ed escogita un piano per sfruttare la legge italiana sull’adulterio e convolare a nozze con la giovane Angela.

La legge a cui si fa riferimento è l‘articolo 587 del codice penale dell’epoca, il famigerato “delitto d’onore”. Questa norma stabiliva se un uomo avesse ucciso la moglie colta in flagrante adulterio o il suo complice, avrebbe ricevuto una consistente riduzione della pena.

“Divorzio all’italiana” non solo descriveva questo fenomeno con crudo realismo, ma lo criticava apertamente. La figura di Fefè, con la sua goffaggine e la sua meschinità, rappresentava l’assurdità e la barbarie di una mentalità che giustificava la violenza contro le donne dell’epoca.

Il film ebbe un grande successo e contribuì ad accendere il dibattito sul delitto d’onore, un tema che all’epoca era ancora ampiamente discusso e difeso da alcuni settori della società. La pellicola di Germi rappresentò un punto di svolta nella battaglia per l’emancipazione femminile e per l’abrogazione di una legge fin troppo anacronistica.

Non a caso, proprio nel 1965, quattro anni dopo l’uscita del film, la Camera dei Deputati approvò una proposta di legge per la riforma dell’articolo 587. La proposta, sostenuta da forze politiche progressiste e da associazioni femminili, mirava ad abolire il delitto d’onore come reato autonomo, equiparandolo all’omicidio comune.

Il dibattito parlamentare fu acceso e durò ben sei anni. Finalmente, nel 1971, la legge fu approvata e l’articolo 587 cancellato dal codice penale. Un traguardo importante, ottenuto anche grazie alla spinta propulsiva di “Divorzio all’italiana”, che aveva saputo coniugare denuncia sociale e commedia brillante, smascherando l’ipocrisia e la violenza di una società patriarcale.

Dunque “Divorzio all’italiana” rappresenta un caso emblematico di come il cinema possa svolgere un ruolo importante nella battaglia per i diritti civili e sociali. Il film di Germi, con la sua satira corrosiva e la sua rappresentazione lucida della realtà, ha contribuito in maniera significativa all’abrogazione del delitto d’onore, una legge iniqua che per troppo tempo aveva avallato la violenza contro le donne.

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